I vari documenti e la tradizione orale, che si tramanda di generazione in generazione, vogliono che fino alla metà del '400, venuta di S.Benigno De Medici in Valtellina, Maroggia prima, Monastero poi, fossero il punto di riferimento per le altre località della zona.
A Maroggia, abitavano le famiglie più ricche e abbienti, come i "De Lupi"prima, i Mainino, e Tarotello…, poi, le quali si dedicavano per lo più alla coltivazione della vite e alla produzione di un ottimo vino. Si ha conferma di tutto ciò dall'agiografia del Santo detto anche San Bello, il quale a Monastero e in altre parti della Valtellina, fondò dei romitori. Ad Assoviuno egli divenne il Priore della comunità per volere di papa PIO VI e, dopo aver peregrinato in lungo e in largo per l'Europa, si fermò al rientro da Coira per la prima volta a Maroggia, dove fu sorpreso dalla pioggia torrenziale che fece straripare il fiume ed altri corsi d'acqua, per cui gli fu impossibile proseguire il suo viaggio verso altri romitori da lui fondati nella Valle .
Benigno, la cui fama di santità anticipava la sua venuta, fu ospitato in casa da un certo Lorenzo De Lupi e fu rifocillato e ristorato con il vino. A questo punto lo scritto di Bernardo Paravicino, da cui è stato tratto questo aneddoto della vita del Santo, riporta che il vino che venne servito a S.Benigno fosse :
"VINUM FIRMUM ET DULCE" - VINO ROBUSTO/CORPOSO ED AMABILE
C'è da pensare che la bontà del vino, già allora, fosse pari alla fama del De Medici.
Inoltre, risulta dal documento che tutta la zona era coltivata a vigneto e il vino veniva deposto nelle cantine dei Piasc, una località appena sotto l'abitato di Monastero, in un punto centrale tra i vigneti posti fra Maroggia e Pedemonte.
Qui ci sono antiche cantine medioevali, che hanno una profondità notevole, ove la temperatura è costante e il silenzio d'obbligo, componenti importanti per la formazione del buon vino.
Le cantine dei Piasc sono molto suggestive ed emanano un' aria antica che sa di tempi andati basati sulla contemplazione e sul lento trascorrere del tempo.
Fa da guardiano alle stesse l'ormai milleneraio "Centon", un grosso castagno, quasi adagiato sui tetti delle cantine stesse, posto sulla piazzetta antistante il complesso delle costruzioni. Alla sua ombra molte persone hanno sostato e sostano ancor oggi e qui, tra un sorso di buon vino appena spillato dalla botte e versato nel "mezz", amano raccontarsi le storie di ieri e di oggi con accenti via via sempre più allegri e vivaci.
Fare il vino a Maroggia vuol dire saper vangare, zappare, potare, vendemmiare e saper unire le zolle alle nuvole, e far del cielo e della terra una cosa sola.